Ridurre la velocità

...concedersi il lusso della lentezza.

 

Ridurre la velocità. E non solo quella dell’automobile, ma in generale il ritmo frenetico di vite troppo ossessionate dalla paura di sprecare tempo. Chi può consentirsi il lusso della lentezza in un mondo dove tutti sembrano costretti a correre? Praticamente nessuno. Eppure il cervello pare proprio essere una macchina a suo modo lenta, che ha bisogno dei suoi tempi per mettere le cose nella giusta sequenza e funzionare bene. La biologia con cui l’uomo si deve confrontare non ha nulla a che vedere con la rapidità. Il cervello si costruisce lentamente nel corso della vita embrionale e questa formazione continua anche dopo la nascita, in particolare nella prima infanzia. Non c’è nessuna fretta nella maturazione del cervello; basti pensare che essa occupa un quarto o un quinto della vita, mentre per un topo bastano all’incirca 5-6 settimane. Questa lentezza però non è una perdita di tempo, anzi ci è data affinché ognuno di noi possa aggiustare progressivamente le connessioni delle fibre nervose a seconda degli stimoli selezionati dall’individuo o dall’ambiente in cui vive. La plasticità, di cui l’uomo è dotato per un tempo così lungo, significa capacità di apprendimento e di adeguamento all’ambiente. Il successo dell’uomo come animale non dipende solo dal suo sviluppo fisico, ma soprattutto da quello intellettuale. La stessa lentezza riguarda anche la parte discendente della vita, certo in questo caso ad una velocità ulteriormente ridotta. Crescita e vecchiaia seguono dunque un processo lento e per quanto possiamo inventare nuovi prodigiosi strumenti, non ne è ancora stato inventato uno in grado di sostituire il vecchio cervello.

 

La grande maggioranza delle persone tende invece ad associare la lentezza alla perdita di tempo o, peggio, ad una menomazione mentale. La mente funziona in modo superficiale nel sovrapporsi di decisioni troppo rapide, col rischio di fare spesso scelte sbagliate e controproducenti. La tecnologia, nella sua folle corsa, ha portato ad un incremento spasmodico dei consumi. Vecchi oggetti vengono rimpiazzati da nuovi che nel giro di poco tempo risultano già obsoleti e pronti ad essere sostituiti. Il consumismo è dunque figlio del pensiero rapido, perché il consumo deve essere rapido al fine di cambiare desiderio altrettanto rapidamente per tornare a comprare. La speranza che la tecnologia possa portare ad un mondo migliore si è radicata nel pensiero comune e questo ha portato ad una bulimia dei consumi che diventa svago e fuga dal "reale". A tutto ciò viene associata una grave anoressia dei valori, non perché hanno perso la loro validità, ma perché non sono più rilevanti, non danno un’immediata ricchezza. Il pensiero lento è un pensiero pesante da portare, ha memoria e trascina con sé i dubbi del ragionamento, ma è la peculiarità che ci differenzia dagli altri animali. L’uomo non può volare o vivere nelle profondità marine ma ha la logica, la matematica e la poesia e tutto ciò non è frutto di un pensiero frenetico, ma lento. L’appello è dunque al pensiero irriverente, al ragionamento fine a se stesso senza il bisogno di creare prodotti destinati al mercato. L’arte e la contemplazione non sono perdite di tempo, ma sono ciò che ci distingue dagli altri esseri viventi ossia il fatto di produrre senza che ve ne sia un’esigenza pratica.

 

Elogiare la lentezza sembra, per noi uomini contemporanei, un fatto bizzarro. Il progresso tecnologico procede freneticamente e le uscite sul mercato dei nuovi prodotti sono talmente ravvicinate l’una all’altra che risulta difficile restare al passo coi tempi. Tutto ciò unito ad una quotidianità che ci porta fin da bambini ad avere ritmi, tempi di reazione e di apprendimento sempre molto rapidi. Il desiderio di riscoprire la lentezza è sicuramente molto forte ed è probabilmente dovuto a questo il successo di slow food, centri benessere, tecniche di rilassamento e di tutte quelle pratiche e stili di vita la cui lentezza la fa da padrona. Ma in una società, in particolare quella occidentale, le cui mode cambiano in pochi mesi ed il motto sembra essere “celerità e perfezione”, come può trovare spazio la lentezza? Come può avere fortuna il cosiddetto pensiero lento se il nostro cervello è messo alla stregua di un calcolatore? Meglio forse non riempire troppo l’agenda degli impegni, così come è buona norma non fare sempre più cose contemporaneamente. Ridurre la velocità quindi, per riscoprire il piacere e la funzione della lentezza: solo questo ritmo, non sottoposto alla pressione di continui strappi, porta ad un ritrovato dialogo interiore ed a una significativa ricerca di reciproca conoscenza con gli altri. É una "nuova" forma di resistenza, in un mondo dove tutto è troppo veloce. E dove il potere più grande è quello di poter decidere che cosa fare del proprio tempo.

 

L’uomo non è biologicamente predisposto alla fretta ma al contrario necessita di arte, di bellezza, di memoria e di scienza. Tutte attività che richiedono calma e concentrazione. Volgersi al ragionamento piuttosto che all’istinto, è fondamentale non solo per la stabilità delle relazioni interpersonali - e dunque per la qualità della vita - ma anche per far sì che in futuro il pensiero non venga ridotto ad un tweet e un quadro ad una pennellata. La facilità con cui costruiamo e distruggiamo legami, dimentichiamo le tradizioni e la nostra storia, è il risultato di un modo di pensare superficiale e immediato. Con pessimistica ironia, parlando dell’affanno con cui si è indotti persino a mangiare, di questo passo persino i giapponesi arriveranno  a mangiare il riso con la forchetta perdendo l’eleganza dell’arte delle bacchette. Il puntare sulla costante efficienza e celerità non può che portare al restringimento della capacità di pensiero, ossia quella peculiarità che ci fa credere di essere superiori agli altri esseri viventi. Tornare, dunque, all’origine di quel carpe diem oraziano, non inteso erroneamente come frenesia del vivere compulsivamente ogni attimo, quanto come inno all’ottimismo, all’amore per la vita, a cogliere occasioni, opportunità e le gioie di oggi senza angosce e affanni.

 
 

Fonte

 

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