Il sadomasochismo tra fantasie e realtà

Cosa si nasconde dietro il bisogno di arrendersi e farsi dominare

 

La civiltà storica “maschilista” ha sempre imposto alle donne un ruolo passivo, una posizione di sottomissione e dipendenza. Le donne sono state per secoli vittime consapevoli o involontarie delle pratiche degli uomini, soprattutto quelli di alto rango a cui tutto era permesso nell’impunità più assoluta. Solo negli ultimi decenni i ruoli hanno cominciato a cambiare e le donne si sono sempre più avvicinate ad una vita sessuale in cui anche a loro è riservata una fetta di piacere. Le donne hanno guadagnato maggiore libertà in questo campo, hanno una vita più libera e senza restrizioni, pertanto sono diventate anche protagoniste delle scelte sessuali diverse dalle "tradizionali e consuete", portando la pratica del sado-masochismo ad un rapporto paritetico nonostante sia spesso la donna a ricoprire il ruolo della dominatrice, rivendicando per sé quello che per secoli era solo prerogativa maschile. Nel rapporto sadomasochista dolore e sofferenza si trasformano in piacere, o comunque in una situazione complessiva in cui entrambe le sensazioni sono intimamente interconnesse. Sembra infatti che anche il dolore, in determinati contesti, sia capace di far rilasciare endorfine che provocherebbero nel sottomesso una specie di “high” o di orgasmo di modo che entrambi, dominante e sottomesso, entrerebbero in uno stato di benessere simile alla trance. Il dolore stimola la produzione di endorfine, che restano in circolo anche quando il dolore è cessato, producendo una sensazione di benessere ed euforia, la stessa euforia che si prova quando un qualsiasi dolore è cessato e si diventa quasi vanitosi nel vantarsi di aver patito un tale trauma e di averlo superato. È la stessa condizione fisica e psichica che ricerca il masochista. Il limite tra piacere e dolore è quindi flessibile e sottile, tanto che queste pratiche sono tutt’ora diffuse perché sostanzialmente provocano si, un certo dolore, ma danno anche un notevole piacere fisico, sia nel momento in cui le si sperimenta sia successivamente, e che si protrae per molto più tempo del ricordo doloroso. Molto più a lungo del tipico piacere sessuale dovuto ad un orgasmo.

 

Cosa si nasconde dietro il bisogno di arrendersi e farsi dominare.

Quella di sottomettersi non è una condizione facilmente accettabile nella società odierna, specie in quella occidentale così fortemente egocentrica, razionale e competitiva: arrendersi, sottomettersi, dichiararsi schiavo accettando dolore fisico e umiliazioni, non sono generalmente percepiti come valori positivi. Sembra che sia la sopravvalutazione dell’ego a spingere un individuo a cercare una compensazione attraverso modi in cui può sperimentare l'esatto contrario dell’egocentrismo: abbandonarsi a qualcosa di superiore, lasciarsi andare, sentirsi debole e piccolo. Abbassare così tanto le proprie barriere difensive può portare a stati emotivi simili all’estasi: espansione e liberazione del sé più profondo, riscoperta di sé stessi, della propria identità e dell’unione con gli altri. Molti uomini, seppure cresciuti in una cultura che esalta le doti dell’assertività e del comando, esprimono il bisogno di liberarsi di queste qualità e sottomettere la propria volontà ad una donna "dominante", accettando di subirne il controllo, assoggettandosi alle sue umiliazioni e alle sue torture. Lo stesso vale per le fantasie erotiche che eccitano l’universo femminile, fantasie masochistiche in cui si cerca il piacere mediante il dolore, che è più spesso psicologico (umiliazioni), ma può essere anche fisico. Ciò che eccita è il desiderio di essere sottomessa fisicamente e/o psicologicamente da uno o più partner che possono fare di lei ciò che vogliono. Questo genere di fantasia è molto diffuso soprattutto nelle donne che appartengono a classi sociali medio alte, spesso donne di potere o donne manager abituate a comandare, che provano eccitazione e piacere nell’immaginare di essere prevaricate fisicamente e psicologicamente da una o più persone. Queste fantasie possono giovare anche a donne che fanno fatica a lasciarsi andare, che non si eccitano facilmente, per cui hanno bisogno di stimoli più intensi. Le fantasie e i giochi masochistici non sono una perversione, ma un aspetto della sessualità. Diventano perversione soltanto quando in loro assenza non si prova eccitazione alcuna oppure quando si fa del male a sé o ad altri. Ci sono persone che reprimono le proprie fantasie e le cause possono essere diverse: paura che la propria sessualità possa non essere normale, paura di lasciarsi andare, educazione rigida e colpevolizzante del sesso, desiderio sessuale scarso o assente, sensi di colpa. Le fantasie sessuali hanno invece molti effetti positivi: aiutano a rendere più ricca e soddisfacente la vita sessuale, aumentano l’autostima, aiutano a liberarsi di emozioni e sensazioni disturbanti legate a vissuti negativi del passato, aiutano la persona a comprendere di cosa ha bisogno, i propri desideri. Quindi, è importante stimolare e coltivare le fantasie erotiche con serenità, interesse, senza inibizioni o sensi di colpa per utilizzare al massimo le proprie risorse e godere appieno la propria vita sessuale.

 

 

Le fantasie femminili di dominazione e coercizione

La fantasia sessuale è una storia “immaginaria” che ha come tema un comportamento sessuale ed è eccitante ed erotica a livello mentale per la persona che la immagina. Le fantasie rappresentano l’espressione più genuina dei desideri sessuali, perché ci immergono in un universo dove vige la regola del “tutto è possibile”, in cui "tutto ma proprio tutto" è concesso. In più, le fantasie sono molto utili per la vita sessuale in quanto risvegliano e mantengono l’eccitazione sessuale, aiutando quindi il raggiungimento dell’orgasmo. Ricerche che hanno analizzato la prevalenza delle fantasie sessuali negli uomini e nelle donne hanno evidenziato come molto spesso gli uomini riferiscono di immaginare l'uso di un certo grado di forza o persino violenza verso il/la partner durante l’attività sessuale. Curiosamente però, le donne riportano fantasie caratterizzate dall’uso di forza o violenza esercitato contro sé stesse e non verso qualcun altro, come invece per gli uomini. Tra tutte le fantasie, a quest'ultima va dedicata particolare attenzione, perché le fantasie in cui la donna immagina di essere vittima della forza fisica del partner hanno riscontri in percentuali altissime. Secondo uno studio di Joyal, Cossette e Lapierre (2015) tra il 30% e il 60% delle donne hanno fantasie sessuali sull’essere sessualmente dominate (64,6%), essere sculacciate o frustate (36,3%), essere legate (52,1%) o essere forzate/costrette ad avere un rapporto sessuale (29%). In questo tipo di fantasie l’elemento forse più importante è il fatto che la donna si sente in pieno controllo di quanto accade: può organizzare la scena immaginaria secondo i propri desideri e bisogni, potendo godere di un’eccitazione derivata dal cedere il controllo a qualcuno, mantenendo comunque un controllo sulla situazione. La metà delle donne con questa fantasia infatti sostiene che non sarebbe interessata a realizzarla; questo conferma l’importante distinzione tra le fantasie e i desideri sessuali, più forte nelle donne rispetto agli uomini.

 

 

E qualora si volessero realizzare le proprie fantasie?

Nel momento in cui si confida una propria fantasia ad un partner, si stanno condividendo dei segreti prendendosi implicitamente dei rischi, rendendo però il proprio universo di coppia più unico e intenso. Sebbene sia particolarmente difficile comunicare come si vuole essere approcciati e toccati, ciò che in queste situazioni è imprescindibile è l’essere diretti e precisi su quali sono i propri desideri e bisogni, cosa che vale per qualsiasi atto sessuale. La consensualità è infatti la regola chiave di qualsiasi coppia che voglia incorporare la dominazione e la sottomissione nella propria relazione. Il “sottomesso” acconsente ad essere tale, proprio perché i limiti e le regole sono definite sulla base di un accordo paritario accettato da partner pienamente consapevoli, in cui lo scopo ultimo è un’interazione bidirezionale positiva per entrambi.

 

 

E fuori dalla camera da letto?

Avere fantasie di sottomissione, siano esse messe in atto o meno, non significa essere problematici in qualsiasi modo nella vita quotidiana. Anzi! Secondo uno studio di Hawley e Hensley (2009), le donne che fantasticano sull’essere sottomesse non hanno assolutamente punteggi più alti nei test che misurano la nevrosi e tendono ad essere persone piuttosto assertive e capaci di farsi valere. I giochi e le fantasie di potere durante il sesso hanno poche conseguenze fuori dalla camera da letto. Se ad una donna piacere essere legata, questo non vorrà dire che sarà meno sicura o intraprendente con il suo capo o il marito, o appunto meno assertiva nel risolvere eventuali conflitti relazionali o lavorativi. Per la maggior parte infatti, il sesso e la vita scorrono su due binari separati, ed i ruoli assunti nella relazione sessuale non influiranno nelle altre dinamiche relazionali. É molto importante sottolineare che non esiste nessuna correlazione tra l’essere state esposte ad abusi sessuali e la presenza di fantasie di dominazione o violenza. Anzi, le donne che riportano questo tipo di fantasie presentano minori sensi di colpa sessuali rispetto a chi non le ha, e in genere atteggiamenti più positivi visto la sessualità oltre che una maggiore esperienza in questo campo. Anche per questo oggi, sessuologi e psicoterapeuti sostengono che la sottomissione possa rappresentare, al pari di altri interessi e fantasie, un modo come un altro grazie al quale le donne possano esprimere la loro apertura mentale, la loro personalità e in generale la loro sessualità.

 

 

Un po' di nomenclatura

Feticismo: Il Feticismo è una forma di perversione sessuale che concentra il desiderio erotico su una parte del corpo del partner (come i piedi) o su un oggetto che gli appartiene (in genere intimo, scarpe o calze). L’adorazione del piede è il feticismo più comune e sono molti gli uomini che lamentano di avere accanto compagne restie a farsi annusare e baciare le estremità. Colpa dei tabù che avvelenano la nostra sessualità e che ci fanno provare imbarazzo per nostri odori. In realtà, i piedi sono ricchi di terminazioni nervose e, se ben stimolati, possono procurare piacere e aumentare notevolmente la libido.

Bondage: Si utilizzano corde, bavagli, manette, bende e altri accessori per costringere all’immobilità il partner. Abbandonarsi totalmente all’altro è un’esperienza molto eccitante, che consigliamo a quelle coppie in cerca di emozioni forti. Il bondage può essere praticato anche in forma soft, che è preferibile quando non si è molto esperti. Se decidi di buttarti in questo gioco ad alto contenuto erotico, procurati l’attrezzatura in un sex shop e lasciati andare completamente. Unica avvertenza: scegliete insieme una parola d’ordine da utilizzare se la situazione dovesse risultare insostenibile.

 

 

Tecniche e particolarità soft che si possono praticare all'inizio

Soft bondage - Il Bondage è un insieme di tecniche e pratiche finalizzate all'eros attraverso la momentanea privazione del movimento – in tutto o in parte – o di un particolare senso. Questa deprivazione sensoriale rientra nella sfera sadomasochistica. Nel soft bondage le dinamiche erotiche vanno per gradi e si usano oggetti adatti a giocosi momenti di sottomissione e dominazione come funi, funicelle, corde e catene.

Barefoot bondage: a piedi scalzi - Il termine barefoot bondage è un termine preso a prestito dall'inglese, dove barefoot significa "piede nudo", mentre bondage indica più genericamente una situazione di prigionia e costrizione fisica o sottomissione. Il barefoot bondage è una tipologia di soft bondage a due nella quale a uno dei due partner vengono immobilizzati i piedi, rigorosamente nudi, con corde, lacci, cinturini di pelle, cavigliere apposite. La pratica consiste appunto nel determinare l'immobilizzazione dei piedi stessi, legati ovvero incatenati, ponendo in massima esposizione e senza alcuna possibilità di ritrarsi, le piante dei piedi. Così esposti, i piedi nudi lasciano al partner la possibilità di accarezzarli, baciarli, leccarli, solleticarli o punzecchiarli con piccoli strumenti come piume, spilli o bacchette appuntite. Il fine è quello della volontaria sottomissione e la scelta di una forma di stimolo leggera e controllata.


Blindfolding: con gli occhi bendati - Pratica molto soft in cui si viene bendati dal compagno in modo da essere momentaneamente privati della vista. La sensazione di non sapere che cosa sta per capitare amplifica il piacere e acuisce, per compensazione, gli altri sensi. Un modo divertente e non invasivo per avvicinarsi alla pratica BDSM.

Nipple stapling: la pinzatura dei capezzoli - Pinze e morsetti per capezzoli (nipple clamps) sono piccoli strumenti di tortura che somministrano un leggero dolore al sottomesso, per sensazioni mai provate prima. Possono essere semplici o arricchiti da piccoli pesi per giochi più esperti. Esiste anche il tira capezzoli, che stimola in modo più delicato l’aureola sia femminile sia maschile. Da usare in sicurezza e mai per troppo tempo per il rischio di danneggiare i tessuti.

 
Waxing: la tortura con la cera fusa - Si versa sulla pelle della cera fusa. La sensazione è molto piacevole (è come se venissi bagnata con dell’acqua abbastanza calda) e, con gli adeguati accorgimenti, senza rischi ustioni. Si raccomanda l'uso di candele "sicure", che si possono trovare nei sex shop in diverse profumazioni, per un coinvolgimento dei sensi a 360 gradi. Come per il bondage, è sempre buona cosa accordarsi per una "safe word", per una parola d’ordine per cui fermarsi immediatamente non appena viene pronunciata. Prestare sempre attenzione alla fiamma, evitando di avvicinarla troppo a indumenti, lenzuola, cute e capelli.

 

 


 

La storia di Patrizia: come il sadomasochismo ha cambiato la mia vita (non solo sessuale).

"In fondo siamo tutti un poco sadomasochisti". A dirlo è Patrizia, la protagonista di una storia vera. In realtà non vuole affermare proprio questo. Racconta però come si è avvicinata a questo mondo: dapprima scettica, poi curiosa e infine partecipe, scoprendo di volta in volta che quelli che credeva essere i suoi limiti personali erano labili e valicabili. Un percorso che nel sesso e nell’amore facciamo quasi tutti. Magari non sempre nella direzione del bondage - disciplina - dominazione - sottomissione -sadismo - masochismo (le parole che compongono l’acronimo inglese B.D.S.M). Però, perché no? L’aspetto più interessante della storia di Patrizia è il fatto che attraverso la scoperta di questo nuovo modo di vivere le relazioni l’ha portata a riflettere su sé stessa, scoprendo che il suo vero io andava oltre certe convenzioni e regole alle quali si era adeguata senza rendersene conto. La monogamia, per esempio, non l’aveva mai messa in discussione, mentre ora è una poli-amorosa convinta: "Non voglio mentire ma nemmeno negare la mia natura e tradire", spiega. É molto innamorata, però: di una donna, alla quale sta facendo scoprire, a poco a poco, il suo nuovo mondo. Perché, e qui torniamo all’affermazione iniziale, Patrizia ne è convinta: "Penso che chiunque possa, in una certa misura, rispecchiarsi nel sadomasochismo, che ognuno di noi abbia un’inclinazione sessuale originaria, sottomessa o dominante, e se si ha la fortuna di incontrare il giusto partner è possibile scoprire tutta una nuova gamma di sensazioni". La vera svolta quindi non sono le pratiche sessuali, ma le persone. Il/la giusto/a partner, certo, ma prima di tutto noi stessi e la nostra capacità di aprirci agli altri e di metterci in discussione.

Mi chiamo Patrizia, ho trentanove anni e nei confronti del sesso ho sempre avuto un atteggiamento libero e consapevole. Undici anni fa la mia sessualità ha subito un notevole cambiamento: ho avuto modo di conoscere il mondo del sadomasochismo così a ventotto anni ho intrapreso una relazione con un dominante. Lui praticava da tempo e me ne parlava spesso. Ero estremamente incuriosita da ciò che mi diceva, anche se convinta che non facesse per me. Man mano che la nostra conoscenza si faceva più intima e ascoltavo i suoi racconti, cominciavo però a chiedermi se ero così certa che non potesse piacermi. Poi ho deciso di provare. Inizialmente è stata soprattutto una sfida con me stessa: lui, dimostrando grande esperienza ed intelligenza, è andato per gradi. Ha cominciato con stimolazioni che non potrei definire realmente dolorose, per portarmi, nel giro di pochi mesi, a subire sessioni anche piuttosto dure ed intense. Il dolore, per me, restava dolore, eppure iniziava ad assumere una valenza estremamente potente e nuovi fattori portavano l’esperienza della sofferenza su piani differenti. Sperimentavo un senso di orgoglio che aumentava la mia autostima, nel superare i miei limiti, di volta in volta, di sessione in sessione. Poi sono subentrati altri elementi, quali l'erotizzazione del dolore: il fatto che alle sessioni seguissero momenti di intenso piacere, dopo un certo periodo, ha cominciato a causare nel mio corpo una sorta di confusione tra i due stimoli, e mi sono resa conto di reagire alla sofferenza con le stesse manifestazioni fisiche normalmente causate dall'eccitazione. Inoltre l'idea di essere stata capace di sopportare mi faceva sentire più forte psicologicamente. Quella relazione poi è finita, ma essermi aperta a questo nuovo mondo mi ha cambiata sia dal punto di vista sessuale che emotivo. Mi sentivo diversa. Avevo raggiunto un nuovo livello di consapevolezza, ed ero determinata a continuare il mio percorso: ho cercato online e ho scoperto una comunità molto attiva, all'interno della quale ho trovato alcune persone meravigliose, cui oggi mi piace pensare come alla famiglia che mi sono scelta e pochi, preziosissimi, partner di gioco. Per comune scelta, non facciamo sesso, ma abbiamo rapporti di un'intimità ancora più profonda basata su fiducia e complicità: condividiamo sessioni che ci appagano profondamente, come anche momenti di vita quotidiana, supportandoci vicendevolmente con affetto. L'esplorazione della mia sessualità si è trasformata in un'introspezione che è andata molto oltre l’ambito del sesso normalmente inteso. Oggi ho una conoscenza molto più fine e dettagliata di me stessa: sapevo già di non essere monogama e sono stata a lungo single, non volendo mentire, né dover scegliere tra negare la mia natura e tradire. Confrontarmi con persone di grande apertura mentale, che vivono la loro vita sentimentale con regole diverse da quelle adottate normalmente dalla società, mi ha dimostrato che sono possibili delle variazioni sul tema, e che chi si sente "stretto" nella vita di coppia, ha delle alternative inaspettatamente foriere di grande gioia e serenità.

 
 
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Fonte 2

 

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