Il solletico: perché
molti lo "soffrono"? Se ad una persona che sappiamo soffrire il
solletico facciamo capire la nostra intenzione di procurarle quella
sensazione... ancor prima di farlo la vedremo già contrarsi
in preda ad una "crisi", come se la toccassimo. Eppure,
non l’abbiamo neppure sfiorata.
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Perché
questo avviene?
Per un motivo molto semplice, che mette in discussione tutte le
ipotesi che negli anni hanno accompagnato la fisiologia del
solletico, e che vengono ribaltate con nuove acquisizioni che
trarrebbero il loro motivo d’esistere nell’ipotesi di una origine
quasi del tutto psicologica che orbiterebbe attorno a questa
sensazione. Ma perché psicologica? |
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L’ipotesi
darwiniana
Secondo Darwin, il teorico dell’evoluzione della specie, il
solletico è un modo dell’uomo per comunicare in modo amichevole con
un’altra persona con cui la unisce un certo feeling. Che l’ipotesi
non sia del tutto campata in aria ce lo dimostra un esperimento che
potrebbe essere ricondotto, ad esempio, all’interno di un ascensore.
Pensiamo a ciò che accadrebbe in una cabina, in attesa di giungere
ai piani, se ci trovassimo in mezzo a persone del tutto sconosciute.
Se, per assurdo, provassimo a solleticare la prima persona che ci
viene a tiro, anche se mai questa fosse sensibile al solletico, la
nostra “vittima” designata reagirebbe con una sensazione del tutto
diversa da quella che riporterebbe qualora la conoscessimo. La prima
reazione sarebbe di sorpresa e di paura, che annullerebbe quella del
solletico e non vi sarebbe nessuna smorfia che preluderebbe una
risata, così come invece si otterrebbe se quella persona la ci
conoscesse. Questo semplice esperimento ipotetico demolisce del
tutto l’ipotesi sensoriale di tipo fisiologico che si presumeva un
tempo. Dunque, alla luce di tutto ciò, sembrerebbe sempre più
accreditata la teoria psicologica. La dimostrazione che la teoria
darwiniana del solletico sia la più plausibile, ce la dà il fatto
che non siamo in grado di provocarci il solletico da soli, per il
semplice motivo che la percezione è prima di tutto scatenata dalla
sorpresa e dall’incontrollabilità dell’atto compiuto da altri nei
nostri confronti. Infatti non potrebbe scatenarsi nulla facendosi il
solletico da soli, perché volenti o nolenti controlleremmo ogni
movimento rendendolo quanto mai prevedibile. |
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Un
esperimento scientifico
A questa teoria si sommano gli studi condotti da Christine Harris e
Nicolas Christenfeld all’Università di San Diego in California, che
hanno realizzato una sorta di robot artigianale in grado di fare il
solletico alle persone. Ebbene, i volontari che si sono sottoposti
al curioso esperimento hanno riferito di averne avvertito la
sensazione sotto le piante dei piedi quando erano convinti che ad
agire sulla loro pelle fosse un collaboratore che conoscevano e col
quale avevano già stabilito un minimo di confidenza. Fermo restando
però che, nella verifica pratica, l’operatore a volte si nascondeva
e le “vittime” non riuscivano a scorgerlo perché bendate; questo
fatto si è dimostrato sufficiente per far loro avvertire il
solletico allorquando erano convinti che ad esercitarlo fosse
l’operatore che conoscevano. Quando invece si rendevano conto che
a stuzzicare le loro estremità era il robot, la sensazione cessava
di esistere. In tutti i casi, l’addetto non toccava mai i piedi dei volontari,
ma era sempre il robot; eppure le sensazioni descritte erano fortemente
condizionate dalla supposta presenza umana. |
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Tanti tipi
di risata
La complessità della rete cerebrale che si occupa di interpretare le
risate è ben oltre quella che potremmo immaginare. D’altronde di
risate ce ne sono parecchie: quella divertita, quella finta, quella
di quando ci fanno il solletico ma anche quella di quando prendiamo
in giro qualcuno, in maniera simpatica oppure schernente. E il
nostro cervello lo sa bene. Ad esempio “ridere di qualcuno o ridere
con qualcuno porta a conseguenze sociali diverse”, spiega Dirk
Wildgruber, autore di una ricerca su PLoS ONE su come le risate
modulino in modi molto differenti la connettività cerebrale. E dando
un’occhiatina nella nostra testa, il meccanismo è evidente: le
regioni sensibili al processamento delle informazioni sociali complesse
si attivano quando ascoltiamo le risate felici e spontanee, ma meno
se sentiamo qualcuno ridere convulsamente perché subisce il
solletico. Anche se quella causata dal solletico è una risata più
complessa di altre, non solo a livello acustico: quando la sentiamo
nel nostro cervello si attivano aree specificamente sensibili a
questa complessità, modifiche dinamiche che attivano e mettono in
relazione regioni diverse proprio in base alla tipologia di risata
che ascoltiamo, e che possono avere un impatto sulle funzioni
cognitive. |
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Concludendo
La conclusione dunque è che non importa se ad esercitare il contatto
sia una persona o una macchina, al fine di ottenere una reazione
riconducibile al solletico. Quantomeno secondo gli studi più
accreditati, ci dovrà comunque essere l’impressione che a toccarci
sia una persona con la quale abbiamo un minimo di confidenza o,
meglio ancora, un rapporto più intimo. Così come per alcuni
individui non soffrire di solletico non sarebbe in relazione ad una
particolare costituzione della pelle o all’eventuale grado di
elasticità di questo tessuto: è molto più accreditata la teoria
secondo la quale ad influenzare la sensazione tattile sia la
personalità dell’individuo ed il modo in cui lo stesso si approccia
alla vita. |
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Fonte:
B.R.A.I.N. - Center for Neuroscience, Dipartimento di
Psicologia, Università di Trieste |